La vendita di semi di cannabis non costituisce istigazione

La sentenza della Cassazione n. 590/23 ha ribadito che la mera vendita di semi di cannabis non costituisce istigazione [1].

La pronuncia si ispira ai principi già affermati in giurisprudenza che distinguono tra l’istigazione a delinquere e la semplice offerta in vendita di semi per la coltivazione ad uso personale.

La fattispecie

In un caso di vendita di semi di cannabis, il Tribunale di Messina, a fronte di un’imputazione di istigazione, proselitismo e induzione al reato di persona minore (art. 82 d.P.R. 309/1990 [2]) riqualificava la condotta in istigazione a delinquere (art. 414 c.p. [3]).

Successivamente, la Corte d’appello di Messina riformava parzialmente la sentenza di condanna – ritenendo che la vendita di un modesto quantitativo di semi di cannabis non potesse essere considerata istigazione a delinquere – e condannava qualificando nuovamente la condotta come istigazione ex art. 82 del Testo Unico stupefacenti.

La questione

Gli imputati ricorrevano per Cassazione, deducendo tre motivi, di cui il secondo veniva ritenuto dai Giudici di legittimità fondato ed assorbente.

In particolare, nel criticare le argomentazioni della Corte d’appello, tra gli altri evidenziavano che:

– la stessa Corte aveva escluso che la vendita dei semi fosse finalizzata ad istigare coltivazioni costituenti reato;

– i semi non sono considerati cannabis secondo la nozione comune alle fonti normative tanto interne quanto internazionali.

La decisione: la vendita di semi costituisce istigazione?

La Cassazione ha più volte affrontato il tema della vendita di semi di piante che, come la cannabis, consentono la produzione di sostanze droganti.

La sentenza a Sezioni Unite “Bargelli”, infatti, ha statuito già nel 2012 il principio secondo cui “la offerta in vendita di semi di piante alle quali è ricavabile una sostanza drogante, corredata da precise indicazioni botaniche sulla coltivazione delle stesse, non integra il reato dell’art. 82 T.U. stup.”; precisa, tuttavia, che possono sussistere i presupposti per configurare l’istigazione a delinquere ex art. 414 c.p. [4].

Nel caso di specie, dunque, viene rilevato che al massimo potrebbe esservi stata una istigazione alla coltivazione domestica per il consumo personale.

Al riguardo, le Sezioni Unite si sono espresse anche di recente [5], affermando che le coltivazioni domestiche non integrano il reato di coltivazione di stupefacenti e si caratterizzano per:

assenza di significativi indici di inserimento nel mercato illegale;

un nesso di immediatezza oggettiva con l’uso personale;

l’utilizzo di tecniche rudimentali in forma domestica;

lo scarso numero di piante e la modestissima quantità di prodotto ricavabile.

Peraltro, la semplice vendita di semi di piante quali la cannabis non può, secondo la Corte, costituire una condotta penalmente rilevante. Al contrario, si configura come un mero atto preparatorio non punibile, perchè non diretto in modo inequivoco alla consumazione di un reato. Non c’è modo di desumere – dalla sola offerta in vendita – la successiva destinazione dei semi [6].

Sulla base di tali principi e in mancanza di elementi che escludano che la vendita sia finalizzata alla sola coltivazione personale, la condotta non può avere rilevanza penale.

Per tali ragioni, nel caso di specie la Cassazione ha riaffermato che la vendita di semi non costituisce istigazione; ha pertanto annullato la sentenza senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

 

Avv. Marco Della Bruna

 

 

Riferimenti

[1] Cassazione penale, IV Sezione, n. 590 del 11.01.2023, scarica qui.

[2] L’art. 82 d.P.R. 309/90 (Istigazione, proselitismo e induzione al reato di persona minore) punisce con la reclusione da uno a sei anni  e con la multa da €1032 a €5164 chi pubblicamente istiga all’uso illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, ovvero svolge, anche in privato, attività di proselitismo per l’uso delle predette sostanze, ovvero induce una persona all’uso.
Il reato è aggravato se il fatto è commesso nei confronti di minorenni o all’interno e nelle adiacenze di scuole, comunità giovanili, caserme, carceri, ospedali o servizi sociali e sanitari.
La pena è raddoppiata se i fatti sono commessi nei confronti di un minore di quattordici anni, di una persona palesemente incapace o di una persona affidata al colpevole. 

[3] L’art. 414 del Codice penale (Istigazione a delinquere) punisce chi istiga pubblicamente a commettere uno o più reati, per il solo fatto dell’istigazione.
La pena prevista è la reclusione da uno a cinque anni per l’istigazione a commettere delitti, o a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni; la stessa pena si applica anche a chi fa pubblicamente apologia di uno o più delitti.
È invece prevista la reclusione fino a un anno e la multa fino a €206 per l’istigazione a commettere contravvenzioni.
Inoltre, la pena è aumentata se il fatto è commesso con strumenti informatici o telematici.
Infine, la pena è aumentata della metà se l’istigazione o l’apologia riguardano delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità; fino a due terzi, invece, se vengono anche commesse con strumenti informatici o telematici.

[4] Cassazione penale, Sezioni Unite, n. 47604 del 18.10.2012 (Bargelli), secondo cui la vendita di semi di cannabis non costituisce istigazione.

[5] Cassazione penale, Sezioni Unite, n. 12348 del 19.12.2019 (Caruso)

[6] Al contrario, ad esempio, di quanto accaduto in un altro caso, in cui i semi erano corredati non solo dalle istruzioni di coltivazione, ma anche dalle modalità per occultare coltivazioni indoor e outdoor (cfr. Cannabis, scatta il reato di istigazione alla coltivazione se con i semi si vendono le istruzioni per il fai da te, Il Sole 24 Ore).

Autore

Condividi

Leave a Reply

Your email address will not be published.