Giustizia 2030

Giustizia 2030 – Un libro bianco per la giustizia e il suo futuro

 

All’inizio della crisi pandemica è apparsa evidente la necessità indifferibile di innovare e trasformare la giustizia italiana, non più (e non solo) tramite l’affidamento a singole iniziative tecniche mosse dall’emergenza, ma attraverso un reale mutamento del paradigma culturale nell’approccio all’innovazione e alla digitalizzazione.

Il progetto “Giustizia 2030 – Un libro bianco per la giustizia e il suo futuro” raccoglie le idee, l’entusiasmo e la professionalità di un gruppo di esperti – magistrati, avvocati, docenti universitari, dirigenti di uffici giudiziari, specialisti di digitalizzazione e di organizzazione dei servizi pubblici – riuniti dall’ambizione di sviluppare una visione strategica e di proporre soluzioni sistemiche per trasformare la giustizia da elemento di crisi a motore della rinascita del Paese.

Da Aprile 2020, il Gruppo di lavoro – cui ha partecipato anche il Prof. Avv. Roberto De Vita (Presidente dell’Osservatorio Cybersecurity di Eurispes) con specifico focus su un nuovo modello di processo penale, digitale e non “digitalizzato” – si è confrontato per individuare proposte concrete ed idee guida chiare, volte a proporre non solo interventi immediati (che possano migliorare la quotidianità degli operatori e la qualità del servizio) ma, soprattutto, a disegnare la struttura della giustizia del futuro, all’interno della quale tali interventi devono inserirsi con coerenza e sistematicità, in un’ottica di complessivo ripensamento.

La vera trasformazione digitale, infatti, può avvenire solo tramite la costruzione di modelli disegnati – fin dalla nascita – all’interno del mondo digitale; il mero adattamento di modelli analogici rischia di tradursi in un ostacolo ed un confine ideologico.

Questa necessità diventa prioritaria in materia di processo penale, il cui incontro con la società digitale non può passare attraverso la sola remotizzazione dell’udienza. Al contrario, è necessario un nuovo modello che abbia come punto di partenza la trasformazione già avvenuta nella società e come obiettivo il governo delle conseguenti soluzioni tecniche ed organizzative. Ciò dovrà essere realizzato assicurando la centralità dei diritti degli individui, la cui salvaguardia non può consistere nell’ostruzionismo verso l’innovazione, ma nemmeno essere frustrata dal riduzionismo (giuridico e non solo) di chi non distingue il mezzo dal fine.

Infatti, la trasformazione digitale del procedimento penale è inevitabile e obbligatoria, rappresentando un tema organizzativo, più che una frontiera culturale: gli strumenti digitali non possono essere esclusi dal ripensamento funzionale di documenti, registri, notifiche o anche udienze.

Il processo, invece, può affrontare il cambiamento in maniera più graduale, tramite un vero e diverso “rito digitale”: una scelta per le parti, anche con effetti premiali, in grado di restituire a tutti gli utenti del sistema maggiore efficienza e, al tempo stesso, piena garanzia dei propri diritti.

L’evidenza dei benefici e la possibilità di elezione sono gli strumenti che possono consentire un adattamento progressivo e non traumatico: il maggiore ostacolo è infatti rappresentato dal potenziale rigetto della trasformazione, attraverso le resistenze culturali, opportunistiche o strumentali di chi tuttora si oppone luddisticamente all’innovazione inevitabile.

In questo complesso percorso di cambiamento e ripensamento strutturale del sistema giustizia, il Libro Bianco “Giustizia 2030” fornisce un contributo multilivello (seppur non esaustivo), solido nelle premesse ed innovativo nelle proposte, con l’auspicio che le idee e le riflessioni raccolte possano guidare la società di domani nella costruzione di una giustizia più giusta e più efficiente e, quindi, di un Paese migliore.

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