Tendenze evolutive dei fenomeni criminali connessi all’utilizzo di cryptoasset

La relazione del Prof. Avv. Roberto De Vita al convegno “I profili penalistici dei cryptoassets tra diritto sostanziale e processuale”, organizzato dalla Luiss School of Law e dalla Scuola di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza.

 

Cryptoasset

Il ruolo della criminalità deve essere considerato non solo per la capacità dei cryptoasset di essere veicolo per il reimpiego e il nascondimento del frutto dei proventi dell’attività illecita, ma anche in relazione alla necessità di preservare una nuova fonte di investimento per risparmiatori e consumatori. Ed infatti, questo è il primo dato da cui dobbiamo partire: c’è un mutato atteggiamento e contegno della società nei confronti dei cryptoasset, e in particolar modo delle cryptocurrency [1].

Soprattutto negli ultimi due anni, in ragione delle acuzie pandemiche, che hanno consentito di sviluppare le resilienze attraverso gli strumenti digitali, tutti sono diventati esperti e capaci di relazionarsi con i marketplace e operare acquisti online; tutti hanno acquisito familiarità con la possibilità di utilizzare relazioni remotizzate. Non è un caso se quello di oggi è uno dei pochi momenti in cui tante persone in un luogo ampio, ma sicuramente concentrato, si confrontano senza remotizzazioni.
Questo ha determinato nel tempo la crescita e l’abitudine alla fiducia digitale, che porta il consumatore ad acquistare, il risparmiatore a investire, l’investitore a speculare; cresce la fiducia digitale, diminuisce quella analogica.

Spesso si definiscono i cryptoasset e soprattutto le relazioni economiche sulle blockchain – l’Internet of value – come trustless: la fiducia è nelle autorità centrali, e quindi “authority trusted”, mentre le relazioni tramite virtual asset su blockchain sono trustless, come se nessuno garantisse la fiducia. In realtà non è così, perché le persone hanno spesso più fiducia nelle relazioni vincolate da dinamiche tecnologiche. Ecco perché gli strumenti digital trusted sono spesso per le persone una garanzia di certezza. Si ha sempre meno certezza nei confronti delle autorità centrali, delle istituzioni finanziarie, delle banche e si fa più affidamento nella tecnologia.
Quest’ultimo è un dato sociologico trasversale, che passa anche attraverso quelli che sono i Paesi fuori dall’area di maggiore maturazione economica e regolamentare, che si trovano ad avere economie e finanze esposte. Si pensi a molti paesi sudamericani, africani, del Sud-Est asiatico, ma il tema riguarda anche i Paesi nordamericani, l’Europa, l’Australia e la Nuova Zelanda, dove sono stati evidenti l’aumento e la crescita esponenziale anche degli investimenti in ambito digitale.

Dobbiamo comprendere la dimensione di valore delle transazioni in cryptocurrency: dal 2020 al 2021 c’è stato un aumento del 567% [2]. Il Prof. Italiano in precedenza ha giustamente evocato gli esempi dell’automobile e di Tik Tok nelle differenti modalità di evoluzione dei mercati. Ebbene, in un anno il 567% di cui sopra ha portato a raggiungere 15,8 trilioni di transazioni in cryptocurrency; di questi lo 0,15% è collegato ad attività illecite [3].
A proposito di quello che diceva con grande dettaglio e puntualità il Comandante Virno, proprio attraverso la chain analysis, l’analisi sugli indirizzi e su quello che è il registro pubblico, abbiamo la possibilità di ricavare elementi di intelligence utili per le attività analitiche e info-operative riguardanti le operazioni sospette (in senso atecnico).
Il controvalore attuale – come citava la Prof.ssa Severino – del cryptomarket, ha raggiunto 1,71 trilioni [4]. Già da 15 anni siamo abituati ad osservare il passaggio delle capitalizzazioni di borsa dal mondo dell’energia al digitale.

Sappiamo, infatti, qual è il peso delle 5 Big Tech, che dominano il mercato al punto tale da aver determinato in alcuni Paesi la necessità di avere rappresentanti diplomatici presso Amazon, Microsoft, Google, Apple, Facebook. L’Internet of value è la conseguenza necessaria del fatto che le vite sociali, politiche ed economiche si stanno spostando sempre di più all’interno della rete, sia nella dimensione emersa che in quella nascosta.

Quanto al complesso della finanza decentralizzata, basta osservare un dato numerico: il valore globale nel 2020 era di 1 miliardo di dollari [5], che non può essere considerato un piccolo fenomeno, se si considera l’accelerazione sconvolgente che ha avuto la crescita del mercato. All’inizio del 2022, infatti, si è passati a 211 miliardi di dollari di valore globale [6]. Sappiamo quali sfide ci attendono di qui a breve, rispetto a quelli che sono fenomeni che – come è stato detto – oltre ad essere decentralizzati sono strutturalmente deregolamentati. Si fa riferimento principalmente ad attività su piattaforma blockchain Ethereum, tra cui smart contracts e flash loans.

Smart contract

Indagini molto recenti su operazioni antidroga hanno messo in evidenza come allo sdoganamento di un container, in automatico e senza che vi debba essere fiducia tra i contraenti viene sbloccato il pagamento – già programmato – in criptovaluta. Viene spedito un container dal Brasile, arriva dopo aver girovagato per porti, ad esempio ad Anversa, una volta che c’è certezza pubblica dello sdoganamento, il pagamento viene effettuato in automatico.
Ecco perché gli smart contract sono un elemento con il quale le forze di polizia si dovranno confrontare sempre di più, anche perché nella semplicità del rapporto consentono immediatezza di scambio. Può essere paragonato ad un bonifico che ha un’esecuzione certa legata a un dato non modificabile e che prescinde dalla fiducia dei contraenti. In altri tempi avremmo immaginato, come in certi film o in Gomorra, la consegna di un sodale del clan camorristico quale ostaggio in garanzia, in attesa dell’arrivo della merce e del pagamento. Lo smart contract consente, invece, di rimanere comodamente nel proprio Paese.

Inoltre, la caratteristica comune tra gli aspetti caratterizzanti – e la evidenzio perché purtroppo sono chiamato a guardare solo gli elementi potenzialmente patologici – è l’opacità dei soggetti.
Vorrei poter dire che ci stiamo approssimando al momento in cui avremo la possibilità di identificare i soggetti e metterli in relazione. Purtroppo allo stato così non è, ci troviamo di fronte ad un meccanismo di rincorsa continua, perché man mano che noi ci avviciniamo (ad esempio utilizzando la struttura tipica dell’antiriciclaggio e del contrasto al finanziamento del terrorismo internazionale, ovverosia l’utilizzazione degli obblighi degli intermediari) si sposta il meccanismo di distribuzione di scambio di valore in altri contesti tecnologici, facendo sì che si debba mantenere costantemente l’aggiornamento.

In precedenza, il Cons. Ceccarelli faceva riferimento alle attività sotto copertura, ma sapete da cosa derivano? Dalla straordinaria esperienza delle FF.OO., qui vedo i funzionari di Polizia e ufficiali dei Carabinieri, alcuni che vengono dalla Scuola di Perfezionamento Interforze, chi ha l’abitudine a confrontarsi con il contrasto alla pedopornografia, o vedo anche funzionari della DIGOS impegnati nel contrasto al terrorismo internazionale che sanno quanto è rilevante l’attività sotto copertura nella rete. La pedopornografia e la proliferazione del terrorismo internazionale nell’ambito delle attività di propaganda avvengono sulla rete. Stessa identica cosa quando il Cons. Ceccarelli dice che l’attività sotto copertura è fondamentale perché noi abbiamo già un patrimonio consolidato di strumenti e approcci investigativi.

Ci sono qui Generali di Corpo d’Armata che spesso dicono che «l’allenamento per la maratona inizia quando è stata terminata l’ultima gara»; è quello che dobbiamo continuare a fare, proprio perché l’opacità dei soggetti è uno degli aspetti su cui dobbiamo continuare a ragionare non tanto e solo sulle cryptocurrency, ma su tutti quelli che sono gli altri grandi contenitori-macroarea dei cryptoasset, ovvero investment e utility tokens.

Nell’area “investment”, ad esempio, soprattutto sulle emissioni iniziali di criptovaluta, sono fondamentali i cosiddetti ICO, o Initial Coin Offering. Per quanto attiene agli utility tokens, accenneremo più avanti al tema degli NFT e soprattutto all’arte digitale e virtuale.
I cryptoasset poi possono essere suddivisi a loro volta in blocchi, Initial Coin Offering, cioè emissioni di prima moneta. Dobbiamo tenere presente come spesso dietro queste emissioni iniziali si celino delle truffe. Il Comandante Virno in precedenza ha detto che «dobbiamo distinguere tra l’utilizzo illecito dei cryptoasset e le attività predatorie nei confronti di chi investe in cryptoasset». Uno dei grandi temi sono le grandi truffe e le grandi frodi, perché oggi all’interno degli investimenti troviamo i soldi non solo della criminalità organizzata o di chi fa acquisti e transazioni illecite sul web, ma di consumatori e risparmiatori, quelle persone che probabilmente non sanno nulla delle caratteristiche e dei rischi di questi strumenti, ma si sono abituate – proprio in ragione dell’isolamento da lockdown – a considerarli una forma di investimento come quelle tradizionali.

Aspetti patologici dei cryptoasset

Volgiamo ora l’attenzione alla parte più significativa, quella per la quale mi è stata attribuita specifica responsabilità. Qui c’è una rappresentazione molto sintetica di quelli che possono essere gli aspetti patologici, “the dark side of cryptoasset”. Voglio iniziare proprio da uno spunto a proposito delle sanzioni finanziarie internazionali. È inutile discuterne, prendiamo un dato che non riporto numericamente ma è un dato di comune conoscenza: quali sono i Paesi – nel senso di State authorities, non le società e le organizzazioni – che hanno fatto ricorso negli ultimi anni in modo più importante alle criptovalute? Venezuela, Iran, Corea del Nord, Russia, Cina.

Non si tratta semplicemente di un dato di capacità di innovazione tecnologica; sono Paesi che in vario e diverso modo sono stati colpiti da sanzioni internazionali, le quali originano dalla necessità di tutelare la sicurezza internazionale e la sicurezza nazionale, anche e soprattutto rispetto a temi che riguardano il contrasto al finanziamento del terrorismo internazionale. Spesso hanno avuto come ricaduta l’impossibilità di poter fare operazioni in chiaro sui sistemi SEPA e SWIFT e quindi le criptovalute diventano strumento alternativo, insieme ai cryptoasset.
Ecco allora che in questi casi non è più semplicemente un tema di contrasto alla criminalità organizzata o di tutela del mercato dei risparmiatori, ma si introduce un tema di sicurezza nazionale, perché ovviamente la riallocazione di risorse finanziarie ed economiche straordinarie – tenendo conto dei Paesi di cui stiamo parlando – evidentemente si sta riversando proprio all’interno del mercato dei cryptoasset.

Sul finanziamento al terrorismo internazionale bisogna segnalare che la principale forma di finanziamento attraverso cryptoasset al terrorismo internazionale sono le attività di crowdfunding: wallet digitali che vengono aperti e poi fatti girare nella rete attraverso attività di propaganda e che raccolgono microtransazioni che infine rappresentano volumi importanti.
Non sono dunque le macrotransazioni, ma le microtransazioni a meritare particolare attenzione. È un’attività non solo tecnica e tecnologica che prevede competenze economico-finanziarie, ma che devono sempre essere accompagnate da una formazione interdisciplinare per avere la sensibilità tipica dell’antiterrorismo e del follow-the-money.

Nell’ambito del settore del riciclaggio, che rimane sempre il più rilevante, dobbiamo considerare che le cryptocurrencycontinuano ad essere il principale veicolo.
Non è un caso che nel 2019 il 46% delle transazioni in Bitcoin erano considerate da molti autori statunitensi e dal Dipartimento di Stato americano come finalizzate ad attività di riciclaggio (ovviamente adesso sono aumentati i volumi di transazioni di cryptocurrency e quindi è diminuita sia la percentuale, sia l’incidenza relativa delle transazioni illecite – in valore relativo, non in valore assoluto).

In tema di transazioni illecite viene in rilievo il dark market, o meglio il black market nel dark web o anche nel surface web, non si pensi solo all’acquisto di stupefacenti. Molto spesso, infatti, l’acquisto di farmaci vietati o farmaci che richiederebbero prescrizione può avvenire con regolazione di pagamento attraverso cryptocurrency: più le persone si abituano ai marketplace come Amazon, più comprano – con l’obiettivo di risparmiare – su farmacie online nel surface web medicinali da banco che potrebbero comprare anche in farmacia; in tal modo, nel momento in cui devono acquistare farmaci da prescrizione, analgesici, antidolorifici e simili, si rivolgono anche alle farmacie illegali online, regolando i rapporti in Bitcoin o altre cryptocurrency.

Le transazioni illecite sul dark market creano un problema non solo di regolazione dello strumento di pagamento, ma allo stesso tempo di storage, di accumulo e di reimpiego.
Le peer-to-peer transactions, attraverso gli smart contract in modo particolare, divengono utili, come accennato, per regolare anche grandi pagamenti nella movimentazione di stupefacenti. Si è verificato soprattutto durante gli anni della pandemia, dove le sostanze dovevano viaggiare ma la moneta era più difficile da nascondere a causa della limitazione delle transazioni fisiche.

È opportuno fare un cenno ai ransomware: proprio l’altro giorno c’è stato un altro attacco nei confronti di un ospedale. Ci troviamo sempre di più nelle condizioni di dover corrispondere somme di denaro pagate in criptovaluta. Questo si pone come un altro metodo di accumulo, per cui – se dobbiamo andare a capire quali sono le tendenze evolutive dell’uso dei cryptoasset da parte della criminalità – dobbiamo ricercare le operazioni in cui i cryptoasset hanno valore o ne generano.

Sono numerosi fenomeni in cui si radica il rischio di aggressione ai cryptoasset da parte di hacker e cybercriminali: ICO, The DAO, NFT, Project token. Le truffe spesso si verificano nel momento dell’emissione, del collocamento di valori in cryptoasset. Altrettanto diffusi sono i furti, sempre più frequente è infatti l’hacking di wallet digitali e di vulnerabilità di sistemi di programmazione dell’automazione degli scambi. Di conseguenza, la protezione dell’investitore si costruisce anche nell’educazione all’investimento digitale, ad esempio nell’individuazione di quelli che sono i soggetti provider di wallet digitali sicuri.

Difatti, non è più possibile affermare, come si faceva in passato, che investire è rischioso perché c’è volatilità, perché un asset prima vale tanto e poi vale poco e non è possibile sapere chi si celi dietro ogni emissione. È opportuno invece affermare «si non caste, tamen caute»; ovverosia operare investimenti con l’utilizzo di wallet digitali sicuri, adottando la logica del vantaggio competitivo in luogo della logica del divieto.

Cryptoassets e money laundering: un esempio

È importante portare un esempio di un’attività di riciclaggio attraverso cryptocurrency, che tuttavia può essere applicato a qualsiasi cryptoasset.
Il passaggio fondamentale è il seguente: si sceglie un Paese a bassa tensione di anti-moneylaundering. Sono vari, ne possiamo scegliere dal Sudafrica, al Sudamerica, a Paesi del Sud-Est asiatico.
Paesi che possono anche non essere collocati nelle nostre white list, ma cambia poco, perché fondamentale è l’inserimento in un circuito che supera le limitazioni territoriali da white, black, gray list, rappresentato dall’exchanger. Viene effettuato un deposito di contanti in banca in uno di questi Paesi a bassi standard AML, cui segue la creazione di wallet in cryptocurrency, per poterli trasformare in Bitcoin.
L’operazione chiave si realizza quando nel cryptomarket i Bitcoin vengono scambiati con un’altra criptovaluta, come Monero. Ci sono criptovalute che hanno un elevatissimo livello di capacità di anonimizzazione degli indirizzi e delle transazioni: viene aggiunto un elemento di complessità ricostruttiva ulteriore. A questo punto, avviene l’attività inversa di scambio da Monero a white money.

Si potrebbe osservare che se dobbiamo andare a caccia di soggetti ed operazioni sospette ha senso cercare chi acquista Monero più che chi possiede Bitcoin, perché probabilmente ha bisogno di un supplemento di capacità di occultamento, avendo informazioni in più da dover tutelare.

DAO

Le DAO (Decentralized Autonomous Organization), sono applicativi che fanno sì che vi sia un sistema decentralizzato di intelligenza artificiale deputato a regolare gli scambi tra criptovalute e/o cryptoasset, generando un meccanismo velocissimo che può speculare e generare enormi effetti dopanti, anche positivi, sul mercato. Tuttavia, anche in questo caso si possono andare a collocare operazioni di distrazione, di frode e di truffa nei confronti degli investitori.

Pertanto, come accennato, si pone un problema di fiducia, che da un lato manca nei confronti delle autorità finanziarie e degli istituti di regolazione, mentre cresce in quel meccanismo di digital trusting nei confronti di quegli strumenti digitali considerati affidabili (ad es. la blockchain irreversibile, il registro immodificabile, l’algoritmo, l’intelligenza artificiale). Tuttavia, anche quando ci troviamo di fronte alla tecnologia, incontriamo un vulnus strutturale: dietro ogni programma c’è un essere umano che sceglie come programmare.

Assistiamo dunque ad un’apparente indipendenza dal fattore umano, apparente proprio perché possono esistere vulnerabilità di programmazione – accidentali o intenzionali. Nel 2016 il famoso caso “The DAO” dimostrò l’esistenza di questo rischio: si verificò la sparizione, nell’ambito di un progetto di investimento, di valori particolarmente significativi, centinaia di milioni di dollari, derivante da un buco di sistema. La dimensione del digital trusting, anche nel caso delle DAO, deve essere sempre rivalutata in ragione del fatto che qualcuno potrebbe programmare malevolmente in origine.

NFT

Concludo facendo riferimento agli NFT (Non-fungible token), che sono stati più volte richiamati. Vorrei evidenziarne un esempio, insieme ai relativi dati numerici, per dare concretezza di cosa significhi investire in NFT; ed in particolare attraverso l’assoluta imponderabilità di quelli che sono i valori di investimento.

Esaminiamo il caso dei Cryptopunk: si tratta di un progetto di 10.000 pixel art generati da algoritmi. Possono sembrare aspetti da addetti ai lavori, da nerd, da chi vuole essere iper-disinvolto. Al contrario, ricordiamo l’adagio secondo cui le persone si rivelano diffidenti nella vita reale e disinibite in quella digitale. Molti pixel art sono stati battuti all’asta anche da Sotheby’s e Christie’s, valori digitali imponderabili in mercati analogici.

Le vendite ad oggi sono state in totale per 280 milioni di dollari, a marzo del 2021 il Cryptopunk #6804 è stato venduto da Christie’s a 7,56 milioni [7], sono dieci faccine di pixel. Nel 2021 un altro a 11,75 milioni [8], a febbraio del 2022, due mesi fa, il #5822 è stato venduto a 23 milioni [9]. Tutto ciò nelle case d’asta, questo per dire che se si devono investire dei soldi, mentre una volta si puntava sul mattone, adesso l’attenzione si sta spostando sui pupazzetti in pixel; e quando vedrete i vostri figli che giocano con i pupazzetti, probabilmente state diventando molto ricchi oppure molto poveri.

 

 

Riferimenti

[1] La presentazione dell’intervento del Prof. De Vita, utilizzata nel corso del convegno, può essere scaricata all’indirizzo www.devita.law/ tendenze-evolutive-cryptoassets/.

[2] The 2022 Crypto Crime Report, Chainalysis, 2022, pp. 3, 4.

[3] Ibidem.

[4] Cryptocurrency Prices by Market Cap, CoinMarketCap, maggio 2022.

[5] M. Huillet, I mercati DeFi raggiungono un valore complessivo di un miliardo di dollari, Cointelegraph, 2020.

[6] Total Value Locked, Defillama, maggio 2022.

[7] C. Nirvana Damato, Christie’s ci riprova. Ora arrivano in asta i Cryptopunks, i primi NFT di sempre, Artribune, 2021.

[8] R. Alice, Cryptopunk 7523, Sotheby’s, 2021.

[9] S. Dal Passo Carabelli, L’NFT CryptoPunk più costoso (finora) è stato venduto poco fa, Sotheby’s, 2022.

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