La varietà e la quantità degli stupefacenti a disposizione dei consumatori risentono dell’aumento delle nuove sostanze che ogni settimana rinnovano il mercato.
La diffusione di composti non elencati nelle tabelle delle sostanze vietate dalla legge e dagli accordi internazionali mette a dura prova i sistemi sanzionatori nazionali ed internazionali.
Anche in Italia, la definizione di stupefacente ha posto non pochi problemi sul punto, creando un dubbio interpretativo sulla possibilità di equiparare le nuove sostanze (per natura ed effetti) a quelle già note, al fine di estenderne i relativi effetti penali.
La tossicodipendenza in Italia: «tutti, tutto, ovunque»
L’Italia si conferma tra i primi Paesi in Europa per il consumo di sostanze stupefacenti.
Il dato emerge dall’ultima Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze, redatta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche Antidroga, e interessa un numero elevato di giovani[1].
Nel 2022, il 27,9% degli studenti – circa 690mila ragazzi di età compresa tra i 15 e i 19 anni, prevalentemente di genere maschile – ha fatto uso di stupefacenti.
La percentuale supera di molto quella del 2021 (pari al 18,7%) ed è strettamente collegata ad una più facile reperibilità delle droghe e alla proliferazione di sempre più nuove tipologie sul mercato (da ultimo: cannabinoidi e catinoni sintetici).
In particolare, le Nuove Sostanze Psicoattive[2] (10,2%) sono seconde solo alla cannabis (29,7%), seguite dagli inalanti e i solventi (8,0%) e dai cannabinoidi sintetici (6,4%).
Il basso costo, per di più, ha favorito il successo delle NSP, unitamente all’aumento generalizzato degli acquisti online di sostanze: il 12,4% dei consumatori acquista ormai tramite le piattaforme digitali.
Nonostante ciò, le opportunità analogiche di reperire sostanze sono tuttora multiformi e molteplici, soprattutto per i giovani: in strada (60,1%), tramite uno spacciatore di fiducia (59,2%), a casa di amici (33%), in discoteca (25,5%) e nei pressi della scuola (22,3%).
I dati internazionali: nuovi metodi di monitoraggio
La percentuale media dei consumatori in Europa non è certo lontana da quella italiana. I dati raccolti dallo European Monitoring Center for Drugs and Drug Addiction indicano che circa il 16% dei giovani europei tra i 15 e i 24 anni farebbe uso di stupefacenti. Tuttavia, questi dati devono essere considerati con cautela, poiché non tutti i Paesi europei inviano informazioni aggiornate e alcuni di essi basano i propri studi su campioni statistici non molto ampi.[3]
In ogni caso, emerge un trend di crescita dell’utilizzo di Nuove Sostanze Psicoattive, dovuto sia alla facilità di conoscenza del prodotto, sia all’accesso a basso costo anche tramite Internet [4]. Queste ultime, infatti, sin dall’inizio del loro monitoraggio da parte dell’UNODC nel 2009, hanno vissuto una crescita costante, con una media di una nuova sostanza a settimana[5].
La carenza di dati statistici, tuttavia, potrebbe essere compensata dalle principali agenzie come UNODC e EMCDDA attraverso l’impiego di metodi differenti. Uno studio pubblicato di recente, infatti, ha mostrato i risultati del monitoraggio delle acque reflue in 16 Paesi (tra cui l’Italia) dal 2019 al 2022, coprendo territori abitati da circa 17 milioni di persone, con l’obiettivo di tracciare dei trend di consumo di massa delle Nuove Sostanze Psicoattive; sono state individuate così fino a 18 diverse sostanze in almeno uno dei siti presi in considerazione. Per quanto riguarda l’Italia, ad esempio, è stata evidenziata una crescita significativa di 3-MMC (3-methylmethcathinone[6]) nel corso dei tre anni presi in considerazione[7].
Da ultimo, diversi casi hanno evidenziato la necessità di metodi più efficaci di rilevamento e di procedure più rapide di valutazione delle nuove droghe, così come dei nuovi fenomeni legati a prodotti legali ma utilizzati come sostanze d’abuso. Tra questi vi sono, ad esempio, l’ossido di diazoto (gas esilarante), facilmente reperibile tramite canali leciti e di crescente popolarità in Europa[8]; così come il Kratom (mytragyna speciosa, pianta originaria del Sud-Est asiatico), venduto come tintura o incenso in Repubblica Ceca, dove i consumatori stimati sarebbero centinaia di migliaia[9].
La normativa vigente: un approccio proibizionista
L’ordinamento italiano interviene in materia di sostanze stupefacenti con un approccio proibizionista: l’intervento repressivo si rivolge principalmente ai narcotrafficanti e il tossicodipendente rappresenta una manifestazione di disadattamento sociale a cui lo Stato deve reagire con interventi di tipo prevalentemente terapeutico e riabilitativo[10].
Il modello proibizionista persegue ad ampio raggio il fenomeno, senza ammettere alcuna forma di legalizzazione o liberalizzazione. È vietata e punita ogni tipo di condotta che interessa il ciclo produttivo delle sostanze: dalla coltivazione e detenzione alla cessione e – in taluni ordinamenti – persino il consumo[11].
Questa impostazione si pone in antitesi rispetto a quella antiproibizionista – seguita, ad esempio, dai Paesi Bassi – che non legalizza il fenomeno tout court ma alcuni suoi frammenti, quali, ad esempio, il consumo personale di droghe e diverse attività connesse alle droghe leggere.
L’Italia, dunque, si pone in un’ottica di protezione fortemente pubblicistica, caratterizzata da una rigorosa e incisiva risposta punitiva.
Al centro di tale sistema c’è il D.P.R. n. 309/1990 (T.U. sugli stupefacenti), risultato di una stratificazione legislativa avvenuta nel corso del tempo[12].
La struttura del testo ha subito diverse variazioni nel corso delle legislature: alcune sotto un impulso nazional-popolare, come quelle conseguenti al referendum abrogativo del 1993[13] dei reati legati al mero possesso per uso personale, mentre altre a seguito di rilevanti pronunce della Corte costituzionale[14].
L’art. 73 T.U. costituisce il nodo centrale della disciplina, norma che persegue e punisce le attività di produzione, traffico e detenzione con finalità di spaccio, prevedendo una cornice edittale differente in base al tipo di sostanza stupefacente (commi 1 e 4) o alla lieve entità del fatto (comma 5). Proprio per quest’ultima fattispecie, è stato recentemente presentato un disegno di legge per inasprirne la pena modificandola nel massimo da quattro a cinque anni; ciò con il dichiarato obiettivo di consentire l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere anche per tale fattispecie[15].
La finalità di spaccio distingue l’art. 73 dal successivo articolo 75: quest’ultimo (dal 2006) sottopone a sanzioni amministrative chiunque, per farne uso personale, illecitamente importa, esporta, acquista, riceve o detiene sostanze stupefacenti o psicotrope; è stato introdotto dal legislatore con la funzione di punire in forma più esigua il soggetto che si limita a farne un uso personale, creando così un doppio binario tra illeciti penali e illeciti amministrativi.
Il discrimen tra le due ipotesi – in concreto – non è sempre semplice da individuare. Nella prassi giurisprudenziale si è soliti dare rilevanza a due elementi: il quantitativo della sostanza[16] e la modalità del possesso, considerando anche la suddivisione in dosi, il ritrovamento di denaro contante e di eventuali strumenti funzionali allo spaccio quali il bilancino e gli strumenti da taglio[17].
L’approccio generale seguito dal nostro ordinamento si conferma anche in diverse disposizioni del Codice penale e del Codice della strada.
Il primo, in particolare, qualifica l’utilizzo delle sostanze droganti come circostanza aggravante del reato. Si pensi all’art. 92 c.p., che prevede un aumento di pena ove l’essere sotto effetto di stupefacenti sia stato preordinato al fine di “commettere un reato o prepararsi una scusa”. O ancora, agli artt. 589-bis e 590-bis c.p., che individuano una cornice edittale aggravata rispetto al reato-base ove il soggetto agente causi un omicidio o una lesione stradale ponendosi alla guida in stato di alterazione psico-fisica.
In questo contesto, la scelta politico-criminale sottesa è chiara: il fatto di reato è connotato da un maggiore disvalore per le condizioni soggettive in cui si trova il soggetto agente.
Lo stato di alterazione viene considerato dal legislatore quale situazione che incide sulla commisurazione della pena e ne determina un aumento alla luce dell’offesa più grave arrecata al bene giuridico tutelato dalle norme, rispondendo così ad un’esigenza general-preventiva nei confronti della generalità dei consociati.
Infine, in un’ottica di pericolosità presunta, il legislatore ha introdotto l’art. 187 del Codice della strada, con cui – come noto – ha scelto di punire la guida in stato di alterazione (con ammenda e sospensione della patente, nonché confisca del veicolo)[18].
Le sostanze stupefacenti o psicotrope
Perché le condotte previste dal D.P.R. n. 309/1990 assumano rilevanza penale devono avere ad oggetto sostanze stupefacenti o psicotrope. Tuttavia, nonostante tale indicazione appia pacifica da un punto di vista naturalistico, non è affatto scontata ai fini del suo ingresso nell’ordinamento penale.
Come previsto anche dalle convenzioni internazionali[19], nel nostro corpus normativo non esiste un’espressa definizione di “sostanza stupefacente”; al contrario, si può ricavare esclusivamente sulla base di un criterio legale che individua solo le droghe espressamente indicate nelle tabelle emanate con decreto del Ministro della Sanità e allegate al T.U.[20].
È l’art. 13 D.P.R. cit. a sancire chiaramente l’adozione di tale sistema analitico-elencativo [21], mentre il successivo art. 14 ne individua i criteri contenutistici, distinguendo le sostanze per la struttura chimica e gli effetti che possono derivare dalla loro assunzione.
Emerge così un sistema basato su fattispecie penali parzialmente in bianco: il T.U. individua le condotte vietate e le sanzioni applicabili, i Decreti ministeriali specificano l’oggetto materiale della condotta; si tratta di un metodo che, specialmente ai fini dell’aggiornamento delle tabelle, non è ritenuto lesivo del principio di legalità ex art. 25 Cost. poiché risponde all’esigenza di un pronto adeguamento della normativa al divenire scientifico e criminologico cui la legge potrebbe non essere in grado di far fronte con la necessaria tempestività e la puntualità[22]. Tuttavia, è un sistema destinato ad essere comunque messo in crisi dalle sostanze non (ancora) incluse al momento del fatto, ma che presentano i medesimi effetti di quelle elencate.
La riconducibilità della sostanza alle tipologie individuate in astratto dalle tabelle non è sufficiente: parte della giurisprudenza, infatti, ritiene che sia necessario in ogni caso accertare in concreto la capacità drogante delle stesse[23].
Questa impostazione nasce dall’esigenza di dover rispettare il principio di offensività e si basa sulla disciplina del reato impossibile ex art. 49 co.2 c.p.: ai fini della configurabilità dei reati serve dimostrare – tramite un esame tossicologico – che il principio attivo contenuto nella sostanza sia tale da poter produrre in concreto un effetto drogante.
Se tale caratteristica non sussiste, l’oggetto non è in grado di cagionare nell’assuntore alcun effetto e come tale non è possibile parlare di stupefacenti nel senso tassativamente definito delle norme incriminatrici e dunque neanche di condotta offensiva.
La posizione sul tema non è univoca. Le S.U. Kremi del 1998[24] e una parte della successiva giurisprudenza di legittimità[25] privilegiano una diversa impostazione secondo cui, mancando un riferimento parametrico della “soglia drogante” per legge o decreto e stante la natura legale della nozione di stupefacente, la capacità drogante delle sostanze non ha rilevanza – rectius non è necessaria – ai fini della punibilità del fatto. Di conseguenza, assumerebbe rilevanza penale anche una quantità di principio attivo così modesta da risultare in concreto non drogante.
Sostanze non tabellate: l’incertezza del diritto penale
Il modello elencativo adottato in materia comporta l’esclusione dal perimetro di applicabilità della normativa di tutte quelle condotte aventi ad oggetto sostanze non tabellate. L’utilizzazione di una sostanza contenente principi stupefacenti, ma non inserita nell’elenco, non costituisce reato prima del suo formale inserimento nel catalogo[26].
Questo meccanismo risente di ritardi burocratici che impediscono di inserire tempestivamente le sostanze presenti su un mercato illecito in continua evoluzione e trasformazione. Ed infatti, la concorrenza all’interno del narcotraffico è tale da determinare sempre più frequentemente la nascita di nuovi tipi di sostanze in grado di “conquistare” nuove fasce di consumatori.
Il tema sottostante non si limita al trattamento sanzionatorio nei confronti delle attività connesse a sostanze non tabellate; è invece evidente il rischio di una disparità di trattamento ingiusta e ingiustificata rispetto a chi esegue la medesima condotta – in danno del medesimo bene giuridico tutelato – avvalendosi di sostanze conosciute e inserite nelle tabelle.
Un risultato, quest’ultimo, che non sarebbe accettabile per il nostro ordinamento, poiché sarebbe in palmare conflitto con il principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione.
Nel corso degli anni, difatti, i giudici sono spesso stati chiamati a confrontarsi con questa problematica: si pensi ai casi (poi risolti) di utilizzo di Kath (catha edulis), semi di c.d. “Rosa Hawaiana” e monoacetilmorfina[27].
L’espediente spesso impiegato nelle varie pronunce è stato quello di dare rilievo alla natura di precursori o “tappe intermedie” di queste sostanze rispetto al procedimento di produzione degli stupefacenti tabellati ovvero di prodotti derivati dalla lavorazione di questi ultimi[28].
Tale giurisprudenza rimanda all’art. 14 T.U., quale espressione di un canone applicativo definito “di riserva”. La norma individuerebbe così un indice di classificazione tipologica di sostanze da considerarsi comprese nell’elenco della tabella, composte da qualsiasi forma stereoisomera (medesima struttura chimica, ma differente collocazione spaziale dei suoi componenti[29]) rispetto a quelle iscritte nella stessa, salvo che ne sia fatta espressa eccezione[30].
Di conseguenza, la rilevanza delle sostanze sarebbe così ancorata a due importanti aspetti: la tipologia e le conseguenze che esse provocano.
Tuttavia, questo approccio risolutivo-interpretativo si potrebbe prestare ad una duplice lettura.
Se da un lato garantirebbe maggiore tutela del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost.[31], riconoscendo la responsabilità penale sia nei casi di sostanze espressamente tabellate che di quelle in concreto ad esse assimilabili, dall’altro rischia di lasciare al giudice la discrezionalità di “selezionare” ciò che è penalmente rilevante[32].
Verrebbe infatti ipertrofizzato il ricorso alla norma penale in bianco, consentendo la formazione di un precetto multiforme oscillante tra decreti ministeriali e pronunce giurisdizionali. Si passerebbe così da un polimorfismo delle dipendenze a un’incertezza e carenza di tassatività[33] (quasi) assoluta del diritto penale, che così concepita potrebbe violare il principio di legalità ex art. 25 della Costituzione[34] – con il quale la disciplina degli stupefacenti si è necessariamente più volte confrontata e financo scontrata.
La determinazione ex post della portata della norma penale sulla base di criteri di natura chimica e di effetti del consumo, poi, potrebbe configurare l’applicazione per analogia di una legge sfavorevole al reo (analogia in malam partem), che “costituisce un limite insuperabile rispetto alle opzioni interpretative a disposizione del giudice di fronte al testo della legge”[35].
In assenza di un’adeguata risposta normativa da parte di una legislazione già in frequente contrapposizione con i principi cardine dell’ordinamento – anche a fronte della tensione politica sul tema – e considerate le criticità dell’intervento della giurisprudenza, sembra che possa aprirsi uno spazio di riflessione per un approccio strutturalmente differente.
Una riduzione delle “zone grigie” ordinamentali, che si riflettono sul mercato degli stupefacenti, sarebbe auspicabile per consentire – in primis – che i cittadini siano consapevoli ex ante della rilevanza penale delle proprie condotte e che i giudici non debbano navigare in acque sconosciute alla ricerca di una guida non indicata dal legislatore.
Avv. Antonio Laudisa
Avv. Maria Caponnetto
Riferimenti
[1] Cfr. Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, redatta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le Politiche Antidroga, luglio 2023.
[2] Nell’ordinamento europeo si considera tale ogni “sostanza allo stato puro o contenuta in un preparato non contemplata dalla convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961, quale modificata dal protocollo del 1972, o dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971 ma che può presentare rischi sanitari o sociali analoghi a quelli presentati dalle sostanze contemplate da tali convenzioni” (art. 1 della Decisione Quadro 2004/757/GAI del Consiglio del 25 ottobre 2004, come modificata dalla Direttiva (UE) 2017/2103 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 novembre 2017).
[3] Cfr. EMCCDA, Statistical Bulletin 2023, https://www.emcdda.europa.eu/data/stats2023/gps_en
[4] Cfr. anche L. Orsolini, S. Chiappini, J. M. Corkery, A. Guirguis, D. Papanti, F. Schifano, The use of new psychoactive substances (NPS) in young people and its association with mental health issues: a systematic review, Expert Review of Neurotherapeutics, 2019.
[5] UNODC, Understanding the synthetic drug market: the NPS factor, 2018, https://www.unodc.org/documents/scientific/Global_Smart_Update_2018_Vol.19.pdf
[6] Per approfondire, cfr. EMCDDA, Report on the risk assessment of 2-(methylamino)-1-(3-methylphenyl)propan-1-one (3-methylmethcathinone, 3-MMC) in accordance with Article 5c of Regulation (EC) No 1920/2006 (as amended), 2022, https://www.emcdda.europa.eu/publications/risk-assessments/3-mmc_en
[7] R. Bade, N. Rousis, S. Adhikari, C. Baduel, L. Bijlsma, E. Bizani, T. Boogaerts, D.A. Burgard, S. Castiglioni, A. Chappell, A. Covaci, E.M. Driver, F. Fabriz Sodre, D. Fatta-Kassinos, A. Galani, C. Gerber, E. Gracia-Lor, E. Gracia-Marín, R. U. Halden, E. Heath, F. Hernandez, E. Jaunay, F. Yin Lai, H. Lee, M. Laimou-Geraniou, J. Oh, K. Olafsdottir, K. Phung, M. Pineda Castro, M. Psichoudaki, X. Shao, N. Salgueiro-Gonzalez, R. Silva Feitosa, C. Silvino Gomes, B. Subedi, A. Sue Ching Löve, N. Thomaidis, D. Tran, A. van Nuijs, T. Verovšek, D. Wang, J. M. White, V. Yargeau, E. Zuccato, J. F. Mueller, Three years of wastewater surveillance for new psychoactive substances from 16 countries, Water Research X, Volume 19, 2023, 3, https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2589914723000154#fig0001
[8] EMCDDA, Recreational use of nitrous oxide — a growing concern for Europe, 2022, https://www.emcdda.europa.eu/publications/rapid-communication/recreational-use-nitrous-oxide-growing-concern-europe_en
[9] L. Westendarp, S. Bencharif, Ban, ignore or regulate? Kratom and the Whac-A-Mole world of soft drugs, Politico, 2023, https://www.politico.eu/article/kratom-czech-republic-ban-ignore-or-regulate-and-the-whac-a-mole-world-of-soft-drugs/
[10] M. Gambardella, Norme incostituzionali e nuovo sistema degli stupefacenti, Roma, 2019, p. 9 ss.
[11] Occorre precisare che il modello italiano viene definito fortemente proibizionista ma “non puro”: è attualmente prevista un’ipotesi di lieve entità del fatto come fattispecie autonoma di reato che permette la depenalizzazione delle condotte minori in materia di stupefacenti.
[12] I principali interventi normativi in materia: R.D. 151/1934, L. 1041/1954, L. 685/1975, L. 162/1990, L. 396/1993.
[13] Referendum abrogativo del 18 e 19 aprile 1993 il cui esito ha portato ad una decriminalizzazione dell’ipotesi di possesso di sostanze stupefacenti per uso personale tramite l’abrogazione degli articoli 72 comma 1, 75, 76 e 78, 120 comma 5 e 121 comma 5 D.P.R. n. 309/1990.
[14] Corte Cost., 8 marzo 2019, n. 40; 12 febbraio 2014, n. 32; 11 luglio 1993, n. 333; 1° luglio 1992, n. 308; 27 marzo 1992, n. 131.
[15] Il DDL n. 1088, presentato alla Camera, prevede anche l’inclusione dell’art. 73 comma 5 tra le ipotesi per cui è prevista la confisca ex art. 85 bis del TU stupefacenti.
[16] Sulla base dei quantitativi massimi stabiliti dal Decreto del Ministero della Salute n. 95 dell’11 aprile 2006 (G.U. 24.04.2006).
[17] Cfr. Cass. pen., Sez. IV, 05 aprile 2022, n. 16810; Cass. pen., Sez. VI, 18 settembre 2020, n. 26738; Cass. pen. sez. III, 12 febbraio 2020, n. 16456.
[18] La fattispecie, dunque, è strutturata come reato di pericolo e anticipa la soglia di punibilità: l’alterazione psico-fisica determina nel soggetto una percezione della realtà alterata, con un rallentamento dei riflessi e delle facoltà intellettive e psico-reattive tali da mettere in pericolo la propria e l’altrui incolumità.
[19] Convenzione unica sugli stupefacenti, New York 30 marzo 1961; Convenzione sulle sostanze psicotrope, Vienna del 1971; Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope, Vienna 20 dicembre 1988.
[20] Le tabelle relative alle sostanze stupefacenti o psicotrope sono quattro, divise per tipologia e per gravità delle sanzioni connesse.
Tabella I: oppio e derivati oppiacei (morfina, eroina,metadone ecc.); foglie di Coca e derivati; amfetamina e derivati amfetaminici (ecstasy e designer drugs); allucinogeni (dietilammide dell’acido lisergico – LSD, mescalina, psilocibina, fenciclidina, ketamina ecc.).
Tabella II: Cannabis.
Tabella III: Barbiturici.
Tabella IV: Benzodiazepine.
[21] V. Cass. Pen., Sez. IV, 03 giugno 2005, n. 20907.
[22] Cfr. Cass. pen., Sez. Unite, 26 febbraio 2015, n. 29316.
[23] Corte Cost., 20 maggio 2016, n. 109; Cfr. Cass. Pen., SS.UU., 10 luglio 2019, n. 30475; Cass. pen., sez. IV, 14 aprile 2011, n. 27771; Cass. pen., sez. VI, 13 dicembre 2011, n. 6928.
[24] Cass. pen. S.U., 24 giugno 1998, n. 9973.: le S.U. hanno affrontato la questione della disciplina applicabile alla condotta criminosa avente ad oggetto stupefacenti con un principio attivo così modesto da escluderne l’efficacia drogante. La Corte ha recepito l’orientamento minoritario secondo cui il fatto è comunque penalmente rilevante adducendo essenzialmente due motivi: l’assenza di una qualsiasi indicazione di “soglia drogante” nella disciplina vigente – con conseguente rilevanza del solo fatto che una sostanza sia inclusa nelle tabelle ministeriali – e l’impossibilità di far leva sul reato impossibile ex art. 49 co.2 c.p. poiché i beni giuridici tutelati dall’art. 73 D.P.R. cit. – salute pubblica, ordine pubblico, salvaguardia delle giovani generazioni – sono comunque messi in pericolo anche in tali ipotesi.
[25] Cass. Pen. Sez. VI, 26 settembre 2013, n. 43226; Cass. pen., Sez. V, 4 novembre 2010, n. 5130;
[26] Cass. pen., Sez. Unite, 26 febbraio 2015, n. 29316; Cass. pen., Sez. IV, 14 luglio 2011, n. 27771.
[27] Cfr. Cass. pen., Sez. VI, 04 gennaio 2016, n. 7; Cass. Pen., Sez. VI, 11 aprile 2011, n. 14431; Cass. Pen., Sez. I, 17 maggio 2007, n. 19056.
[28] Cfr. Cass. pen., Sez. IV, 12 settembre 2017, n. 45838.
[29] Cfr. Stereoisomeria, in Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/stereoisomeria/
[30] Cass. pen., sez. VI, 11 aprile 2011, n. 14431.
[31] Sul tema, L. Paladin, Eguaglianza, diritto costituzionale, in Enc. dir., vol. XIV, Milano, 1965, 520; A. De Lia, Il principio di uguaglianza e il diritto penale sostanziale: una sintetica analisi del rapporto, in www.federalismi.it, 2017, n.23.
[32] Sul tema, O. Di Giovine, Stupefacenti: meglio “di tutta l’erba un fascio” oppure “un fascio per ogni erba”?, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 2/2020.
[33] Il principio di tassatività limita i possibili arbitri del giudice penale: quest’ultimo non può punire fatti che non siano espressamente previsti dalla legge come reato, non potendo applicare le fattispecie penali oltre i casi e tempi in esse considerati. Cfr. sul tema G. Marini, Voce “Nullum crimen, nulla poena sine lege, in Enc. Dir., vol. XXVIII, Giuffré, Milano, 1978, 956.
[34] Il principio di legalità sancisce il monopolio del potere legislativo quale unica fonte dei fatti da punire e delle relative sanzioni, garantendo la conoscibilità ex ante del precetto penale e tutelando la libertà dei cittadini contro possibili abusi della potestà punitiva dello Stato.
[35] Cfr. Corte Cost. n. 98 del 14 maggio 2021.