La monografia è stata realizzata dai Frequentatori del 28° Corso di Qualificazione “Investigatore Economico-Finanziario” della Scuola di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza, nell’ambito dell’insegnamento “I reati contro la Pubblica Amministrazione”, tenuto dal Prof. Avv. Roberto De Vita.
Prefazione
La sfida della ripresa economica in seguito all’impatto della crisi pandemica è stata raccolta dall’Italia cogliendo l’opportunità offerta dal NextGenerationEU, uno strumento che rappresenta un cambio di prospettiva per il presente e per il futuro dell’Unione europea.
Il profondo trauma sociale ed economico degli ultimi anni, occorso dopo un lungo periodo di sofferta austerità per i Paesi europei, è stato l’occasione per promuovere un mutamento radicale delle prospettive di crescita; la modernizzazione dei settori più importanti per il futuro è stata rimessa al centro delle agende politiche sovranazionali e nazionali, dalla ricerca e dalla trasformazione digitale fino alla transizione ecologica e ai programmi per una nuova sanità.
Laddove le resistenze ideologiche e le arretratezze comportamentali trovavano alibi all’interno dei disagi economici, opponendosi all’innovazione con latente spirito luddista, l’esperienza della pandemia ha evidenziato in ogni contesto la necessità attuale di un cambio di paradigma nel funzionamento della società. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), dunque, non è solo la traduzione concreta delle indicazioni di investimento provenienti dalle istituzioni europee; rappresenta un patto sociale per una rivoluzione culturale che coinvolga cittadini, imprese ed istituzioni, stimolato dal coraggio e dal senso di responsabilità emersi in una congiuntura (si spera) difficilmente ripetibile.
Le crisi internazionali seguite all’inizio della ripresa hanno a loro volta caratteristiche peculiari ed incomparabili con gli scenari precedenti, e pertanto sono (e saranno) differenti le contromisure adottate dalle istituzioni e lo spirito che le animeranno.
Alla luce di tale quadro, i rischi a cui è esposta una programmazione così ambiziosa nel nostro sistema Paese sono ben noti, in primis l’incapacità di investire fondi europei o le inefficienze nella loro allocazione. Ben più gravi sono le patologie nell’impiego di risorse pubbliche che si sono manifestate e si manifestano attraverso comportamenti illeciti, derivanti sia da malcostumi culturali radicati, sia dalle infiltrazioni della criminalità organizzata.
La recente esperienza nella gestione dei piani di spesa emergenziale, in Italia come all’estero, ha ulteriormente evidenziato come ad un’elevata disponibilità di denaro pubblico possa conseguire l’aumento di fenomeni di abuso. Le corruttele di varia natura, che hanno occupato le pagine dei giornali e le aule di giustizia, impongono riflessioni ed approfondimenti mirati a migliorare le attività di prevenzione e contrasto.
Proprio rispetto ai fenomeni corruttivi e alle conseguenti istanze di tutela della funzione pubblica, l’introduzione della fattispecie del traffico di influenze illecite ha rappresentato, negli ultimi anni, una scelta di politica criminale che, tuttavia, dalla sua introduzione ha animato più il dibattito accademico e dottrinale che non le pronunce della giurisprudenza.
È emblematico che, a fronte dei miliardi persi dall’Italia negli ultimi anni a causa dei fenomeni corruttivi e delle corrispondenti centinaia di procedimenti per corruzione, siano rarissimi i procedimenti riguardanti la fattispecie in parola.
Al contrario, è di palmare evidenza la centralità che assumerebbe – in termini di prevenzione – l’effettiva punizione di comportamenti collaterali ai fenomeni corruttivi (come le attività di mediazione) che siano finalizzati al raggiungimento di vantaggi illeciti; queste condotte, spesso difficili da provare, integrano un micro-sistema di reati di apparente minore importanza, che invece sono spesso sintomatici e prodromici rispetto alla commissione di abusi di maggiore gravità.
I rapporti di mediazione o di lobbying, infatti, si collocano sovente in un’area grigia, all’interno della quale è complesso delineare i confini della liceità. Per superare queste difficoltà oggettive, è necessario che le competenze acquisite dagli organi che svolgono attività di controllo e prevenzione siano guidate da una visione d’insieme che tenga conto sinergicamente di tre aspetti: il quadro normativo e sanzionatorio del nostro ordinamento, le peculiarità e le dimensioni dei fenomeni da contrastare ed infine il novero degli strumenti tecnici e delle strategie di indagine cui fare ricorso.
L’architettura di controllo posta a protezione degli obiettivi del Piano avrà successo in caso di virtuosa collaborazione tra le sue componenti. Pertanto, i Protocolli d’intesa sottoscritti tra le amministrazioni saranno determinanti per favorire l’integrazione delle competenze e degli strumenti di intervento; il Protocollo attualmente esistente tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Guardia di Finanza ha conferito a quest’ultima un ruolo ancor più baricentrico per il positivo e corretto esito dell’impiego dello strumento di ripresa.
Il percorso di attuazione del PNRR e la sua efficacia risentiranno particolarmente dell’operato di tutte le amministrazioni coinvolte, in un precario equilibrio tra il timore, da un lato, di sanzioni per le attività svolte e le autorizzazioni concesse e, dall’altro, il pericolo della deresponsabilizzazione e sovraprotezione dei decisori pubblici volta ad incentivarne l’efficienza.
La Scuola di Polizia Economico-Finanziaria assume valore determinante nel contrasto ai fenomeni criminali nella prospettiva dell’attuale e futura fase di esecuzione del PNRR, coniugando formazione specialistica e ricerca finalizzata alla attività operativa.
La presente monografia è animata da tale proiezione e lo straordinario lavoro di approfondimento ed analisi critica svolto dai Frequentatori del 28° Corso per Investigatori Economico-Finanziari ne è la testimonianza tangibile.
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