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Andrea Giambruno, uno studio gli dà ragione: sinistra sbugiardata

Leggi l’articolo originale su Libero Quotidiano
di Antonio Rapisarda

L’equazione che dà ragione ad Andrea Giambruno e al suo consiglio “da padre” a tutti i giovani – come hanno ricordato nei giorni scorsi su queste colonne Alessandro Sallusti e Pietro Senaldi – l’ha fornita sul Fatto Quotidiano (lo stesso giornale da cui è partita, scherzi della “coerenza”, la campagna contro il giornalista e compagno di Giorgia Meloni) una storica firma come Giovanni Valentini: «Più alcol e droghe uguale più stupri». Nessun assist, è chiaro, alla cosiddetta vittimizzazione secondaria delle donne, spesso ragazzine, che subiscono gli imperdonabili abusi sessuali. Semplicemente una prima risposta, scientifica e a 360°, a uno degli interrogativi che proprio l’ex direttore de l’Espresso si è posto con comprensibile preoccupazione: «Perchè tanti uomini arrivano a violentare o addirittura a uccidere tante donne, le loro stesse compagne o ex compagne?».

IL DOSSIER

A fornirla, assieme ad altre, un importante dossier sul tema – “La violenza è solubile in alcol” – a cura di Valentina Guerrisi e Giada Caprini, team di avvocati dello studio legale Roberto De Vita. Uno studio, irrobustito dalle ricerche effettuate dall’Oms (nel 2021) e dall’American Addiction Centers, che per lo stesso Valentini «getta una luce sinistra sulla connessione fra l’abuso di alcolici o di sostanze stupefacenti e la violenza sessuale». Non solo per lui, dato che ieri anche Il Messaggero ha riportato ampi stralci della ricerca titolando proprio sulla scia di ciò che è stato messo in evidenza (scatenando una grottesca e strumentale crisi isterica da parte della sinistra) dal conduttore del Diario del giorno: «I rischi aumentano se c’è abuso di alcol».

Che cosa ci dice il report? Prima di tutto che vi è una relazione «sempre più stretta» tra l’uso/abuso di droghe e sostanze alcoliche «e l’aumento di fenomeni di violenza»: tanto da diventare oggetto di numerose ricerche sociali nel corso dell’ultimo decennio. Il fenomeno – spiegano le due legali – si è ulteriormente acuito nel corso della stagione del Covid, «anche a causa dell’incremento del cosiddetto “marketing dell’alcol”»: le piattaforme digitali, si legge, raccolgono informazioni sul pubblico che vengono utilizzate per indirizzare singoli utenti ed influenzare le preferenze, gli atteggiamenti e i comportamenti. A ciò si aggiunge una sempre maggiore facilità nella reperibilità e nel consumo di sostanze stupefacenti. Una strategia “di mercato” che ha aumentato «l’accettabilità del loro consumo» coinvolgendo purtroppo sempre più giovani. Il risultato? L’insorgenza, proprio in età precoce, «di comportamenti di abuso che, nella maggior parte dei casi, sfociano in atti di violenza, soprattutto di tipo sessuale», affermano le ricercatrici.

 

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