DEVITALAW Rassegna Stampa

Perchè è così difficile scovare i Diabolik dei raggiri informatici

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di Stefano Elli

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Chiunque abbia subito una frode online sa bene che ottenere giustizia (in sede penale e civile) è difficilissimo. Molti casi di distrazioni di fondi subite attraverso portali internet si chiudono con la richiesta di archiviazione al Gip da parte del Pm. La ragione?

«In realtà di ragioni ce ne sono almeno tre – spiega Roberto De Vita– penalista, docente alla Scuola di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza, nonché esperto di Cybercrime. La prima: la difficoltà di risalire al real owner della piattaforma digitale e dei canali finanziari utilizzati dall’organizzazione criminale. Sia del sito in se stesso, sia dei conti d’appoggio attraverso cui si irradiano i bonifici. Queste organizzazioni sono strutturate come matrioske e il loro dominio si ramifica in una pluralità di soggetti radicati in diverse nazioni. Su questo si incardina la seconda ragione: la cooperazione tra Stati, che non da oggi, rappresenta un tema di grande delicatezza. Occorre dirlo senza ipocrisie -argomenta De Vita – vi sono temi a forte impatto sociale, penso al terrorismo, al traffico internazionale di stupefacenti o alla pedopornografia, di fronte ai quali la sensibilità e la disponibilità a collaborare da parte di alcuni Stati è elevata e unanime. Su altri temi (e il risparmio tradito evidentemente è tra questi) l’attenzione selettiva delle varie authority si annacqua. Si innesca così una situazione di sostanziale anarchia rende assai difficile ogni opera di ricostruzione investigativa».

Sostanziale anarchia

Dunque, ammesso e non concesso che si riesca a individuare i colpevoli, nella stragrande maggioranza dei casi non si riesce a raggiungere un risultato di qualche utilità e ristoro per i risparmiatori.

«Faccio un semplice esempio di quanto accade in un settore diverso da quello finanziario: esistono dei Paesi – specifica De Vita – che accolgono intere filiere produttive di “replicanti” farmaceutici che vengono smerciati sui siti online. Il principio in virtù del quale tale attività non viene contrastata ma tollerata è che comunque si tratta di una filiera che dà lavoro; e questo principio in alcuni Paesi si estende anche a un settore che genera e movimenta una marea di denaro come quello della finanza».

MOLTI PAESI HANNO UNA ELEVATA TOLLERANZA AL FENOMENO DEGLI INGANNI ONLINE

«La terza ragione – prosegue De Vita – è collegata alle nuove modalità tecnologiche che vengono utilizzate. L’evidenza empirica ci dice che le truffe finanziarie e le catene di Sant’Antonio di nuova generazione si muovono grazie a word of mouth (passa parola) che si attivano attraverso piattaforme come Telegram che garantiscono livelli elevati di anonimato».

Quanto alle grandi piattaforme di social network che vengono spesso utilizzate per veicolare messaggi pubblicitari ingannevoli (falsi testimonial, pubblicità palesemente ma- nipolatorie, sollecitazioni a investire su strumenti finanziari improbabili) da più parti ci si domanda se non ci possano essere profili almeno di corresponsabilità.

«Anche in questo caso la situazione è complicata: le articolazioni del gruppo Meta, Apple, Microsoft hanno disciplinari e regolamenti assai stringenti e funzionano grazie ad algoritmi che si innescano autonomamente o attraverso segnalazioni da terzi delle condotte violative dei codici di uso corretto e consentito delle piattaforme digitali».

Senza considerare poi che dai social network ai siti pirata il salto nel buio è spesso compiuto in totale autonomia dagli investitori che “scelgono” di credere alle sirene contenute nei banner e nei pop up.

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