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di Stefano Elli
Il rialzo dei tassi, le rate non pagate dei mutui variabili e il sistema degli Npl
«Dove vanno a finire i palloncini che sfuggono di mano ai bambini» cantava Renato Rascel nel ’56. E se quei palloncini fossero i Non performing loans, i crediti inesigibili? Ecco. Dove vanno? La catena non è corta: si comincia dall’originator (la banca) che li vende, gli Special purpose Vehicles (le “scatole” societarie) che li acquistano con la liquidità che si procurano emettendo obbligazioni, i servicer che li gestiscono, eppoi gli obbligazionisti: cioè coloro che acquistano i titoli nati da questa “catena del disvalore”, puntando sul loro tasso di recupero.
Cercasi trasparenza
Sino al servicer è quasi tutto chiaro. Quando si passa però agli obbligazionisti si alza la nebbia. Sì perché spesso questi bond holder sono soggetti che nascono nei paradisi fiscali legali del nord Europa che però sono di proprietà di società domiciliate nei più remoti paradisi fiscali e penali del mondo (Cayman, British Virgin Island, Bahamas, oggi c’è pure Dubai). Dunque nessuno sa esattamente chi siano i beneficiari effettivi, coloro che, di fatto, detengono nelle proprie mani centinaia di miliardi di euro di Npl. «E che, si badi bene – chiarisce Giovanni Pastore, presidente dell’associazione Favor debitoris – attraverso i comitati degli obbligazionisti hanno pure diritto di veto rispetto a possibili tentativi di conciliazioni transattive tra debitori e servicer, di fatto un diritto di vita o di morte su queste posizioni». Su questo si è espressa anche l’Uif nel rapporto annuale relativo all’anno 2021 (confermato nel 2022) che a pagina 62 recita: «Elementi di criticità sono stati individuati anche con riferimento all’opacità dei sottoscrittori delle notes, rappresentati in taluni casi da società controllate da entità estere, a loro volta costituite presso ordinamenti che favoriscono un’elevata riservatezza». Giacomo Di Gennaro, coordinatore del neonato corso di laurea in criminologia e cybercrime all’Università Federico II di Napoli aggiunge un carico da novanta: «La cattura a Dubai del broker della ’ndrangheta Raffaele Imperiale e le sue dichiarazioni successive hanno evidenziato come il settore delle cartolarizzazioni sia uno dei comparti emergenti del reimpiego di proventi derivanti dal traffico di stupefacenti da parte delle mafie».
Pericolo slavine
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, nel corso dell’ultima assemblea dell’Abi, ha lanciato un allarme preciso: il rialzo dei tassi sta provocando tra i contraenti dei mutui a tasso variabile crescenti difficoltà a rimborsarli. Le rate, sostengono gli operatori specializzati, si stanno impennando sempre di più. Giorgetti ha auspicato la possibilità di un allungamento delle rate. Il rischio slavina sta, dunque, aumentando. Di più: tutti gli osservatori del settore (da PwC a Kpmg a Deloitte) danno per altamente probabile un incremento degli Unlikely to pay (soprattutto persone giuridiche cioè aziende): sono coloro che già ora mostrano crescenti difficoltà a onorare gli impegni assunti. Le aziende impiegano lavoratori. Le difficoltà delle aziende ricadono, come un domino, su di loro.
Le difficoltà dei servicer
Nel corso degli anni si è innescata una corsa all’acquisto di Npl e Utp da parte di questi operatori. «Spesso lo si è fatto all’ingrosso: l’obiettivo chiarissimo era fare presto e sgravare i bilanci delle banche da poste oramai ingestibili – spiega Roberto De Vita, avvocato e consulente di primari operatori del settore –. Il risultato è stato un accumulo di Npl e Utp in capo a un relativamente esiguo numero di aziende specializzate. Quelle stesse società si sono sovraccaricate di posizioni da gestire e faticano sempre di più a farlo».
«Gestire un credito significa avere la capacità di seguire il debitore, incontrarlo, cercare un accordo di massima, e tentare di contemperare le esigenze di entrambi – spiega Franco Leone Salicona, già a capo del servizio crediti di Banca delle Marche (gestione post Bianconi). Ebbene sulla scorta della mia esperienza posso dire che oggi se un debitore vuole chiudere la propria posizione, fatica non poco, non dico a farlo ma pure a trovare un interlocutore». Le strutture interne di questi “giganti del credito” dunque, stanno arrancando.
Un rating per le risposte
«Occorrerebbe – aggiunge un operatore del settore che preferisce mantenere l’anonimato – attribuire una qualche forma di rating alla capacità da parte di questi operatori di rispondere in tempi ragionevoli ai loro interlocutori. Non è accettabile che un debitore che voglia raggiungere un accordo transattivo non riesca a farlo perché il servicer non gli risponde, o magari gli risponde in 60 o 90 giorni: occorre imporre dei tempi ragionevoli: al massimo 30 giorni».
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