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di Felice Manti
Il marito violento assolto per le percosse: da “fatto culturale” a “bugie”
Qualcuno lo chiamerebbe un «conflitto di giudicati», quella che vi raccontiamo è una storia di malagiustizia che spiega meglio di altre il corto circuito della giurisprudenza creativa e pseudobuonista che sta consegnando questo Paese all’immigrazione incontrollata. Paesi come Egitto e soprattutto Bangladesh non sono sicuri? Ebbene, c’è una donna originaria del Bangladesh (e cittadina italiana) che dice di aver subito in Italia violenze e minacce dal marito bengalese che l’ha «comprata» per 5mila euro in un matrimonio combinato, l’ha insultata e picchiata ma è stato assolto. Perché per la Procura di Brescia (che poi ha cambiato idea, infilandosi in un vicolo cieco) e i giudici quelle percosse prima erano un «fatto culturale», lei doveva aspettarselo perché sapeva chi aveva sposato in un rapporto combinato dalle famiglie bengalesi per soldi.
Ciò che rende il Bangladesh un Paese «insicuro» in Italia è consentito, in nome della legge. «I contegni di compressione delle liberà morali e materiali della persona offesa sono frutto dell’impianto culturale di origine, non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge», aveva scritto il pm Antonio Bassolino, lontano parente dell’omonimo ex governatore campano. Quando questa frase finì sui giornali, l’Anm – lo stesso sindacato delle toghe che difende il verdetto svuota hotspot – insorse dicendo che «a fondamento della domanda di assoluzione il sostituto procuratore ha addotto la mancanza di prova del fatto tipico, e in particolare dell’abitualità della condotta, requisito perché il reato di maltrattamenti si configuri».
Poi la Procura ha cambiato idea: quei reati privi dell’elemento psicologico sono spariti perché per i pm la donna si sarebbe inventata tutto assieme all’ufficiale Gdf che per primo aveva raccolto la sua denuncia.
Eccola la giurisprudenza innovativa – la sentenza è di un annetto fa, l’appello inizierà a metà novembre – che fa a pugni con la realtà e con la domanda di giustizia. «La mia assistita è stata vittimizzata due volte: dal marito violento che l’ha comprata ed ha abusato di lei e dai magistrati che non le hanno creduto nonostante foto e testimonianze, hanno prima invocato una presunta questione culturale e poi addirittura l’hanno accusata di essere una bugiarda per giustificare un adulterio con l’uomo che l’ha aiutata a reagire (diventato il suo nuovo compagno, ndr)», dice al Giornale il suo legale Valentina Guerrisi.