DEVITALAW Rassegna Stampa

Abuso di alcol e fenomeni di violenza. Intervista all’avvocato Roberto De Vita

Radio Radicale
di Roberta Jannuzzi

Un rapporto elaborato dallo Studio legale De Vita descrive la correlazione tra l’aumento dei fenomeni di violenza e l’abuso di alcol da parte della vittima o dell’autore, specie tra i minori, e segnala come l’Italia sia indietro sia nella predisposizione di una norma che escluda un consenso valido ai fini del rapporto sessuale in presenza di un’evidente alterazione causata dall’assunzione di alcol o droghe, sia e più in generale sul tema dell’alcolismo minorile.

Ne abbiamo parlato con l’avvocato Roberto De Vita.

C’è una correlazione tra l’abuso di alcol e l’aumento dei fenomeni di violenza, specie tra i minori. Ne parliamo con l’avvocato Roberto De Vita dello studio che ha realizzato il report che segnala come il nostro Paese sia indietro sul tema rispetto ad altri Paesi, specie quelli anglosassoni. Bentrovato, Avvocato, a Radio Radicale. 

Grazie, Buonasera. 

Dunque, Avvocato, come nasce l’idea di questo rapporto e come è stato realizzato? 

Il nostro studio ha da anni ormai un percorso di approfondimenti su temi diversi e gli Avvocati più giovani, anche quelli più esperti e i ricercatori, secondo un indirizzo di analisi che ogni anno noi ci diamo, affrontano quelle che sono le tematiche che hanno una doppia connotazione fenomenologica, sociale, economica e, ovviamente, una ricaduta giuridica, soprattutto nel contesto nel quale noi operiamo che è quello del diritto penale.

Già in precedenza ci eravamo occupati e infatti sono disponibili, veramente accessibili, nostre ricerche, di temi riguardanti la violenza, i minori e il consumo di sostanze stupefacenti. La pubblicazione precedente, la ricerca precedente, appunto riguardava il polimorfismo delle dipendenze e l’incertezza penale in relazione al tema delle tabelle degli stupefacenti. In questo caso noi, da tempo, da mesi, abbiamo registrato un trade off dall’ingravescenza dei fenomeni delle violenze sessuali consumate in contesti di abuso della condizione di menomata difesa data dall’ebbrezza alcolica o dall’assunzione di sostanze stupefacenti e risposta da parte del sistema giudiziario e anche dal sistema di prevenzione. Da qui nasce quest’idea, la ricerca è stata realizzata dall’Avvocato Valentina Guerrisi e dall’Avvocato Giada Caprini, che sono gli Avvocati che si occupano specificatamente di violenze e minori all’interno del nostro Studio, ricerca che era è stata sviluppata già da diversi mesi e che poi è stata pubblicata il 21 agosto. Poi c’è stato uno sviluppo, purtroppo legato a casi di cronaca particolarmente violenti, che hanno reso il tema centrale nel dibattito pubblico istituzionale. 

Questa settimana si è parlato molto dell’abuso di alcol da parte della vittima, però nello studio si precisa che l’alcol è un problema anche quando a consumarlo è l’aggressore, perché può essere un moltiplicatore degli episodi di violenza. E volevo chiederle, lei questa settimana ha dato un’intervista a un quotidiano romano, Il Messaggero, dove parlava della dell’assenza nel nostro ordinamento di una norma che possa effettivamente proteggere la vittima che si trovi in uno stato di alterazione e che quindi non abbia idea di quello che le sta succedendo, non basta il codice rosso? 

Allora, innanzitutto la sua considerazione è più che corretta. Sono i dati delle ricerche più recenti sia delle fondazioni di ricerca sul tema statunitense europeo, anche l’Organizzazione mondiale della sanità, che mettono in evidenza un dato che è difficilmente confutabile, che è quello relativo al fatto che tutti gli episodi di violenza hanno – che sia violenza fisica o violenza sessuale – una quota variabile tra il 40 e il 60% legata all’uso di sostanze stupefacenti e di alcol. Quindi, e poi ci sono una quantità di studi sotto settoriali che vanno per categorie specifiche o per episodi, anche legati a estrazione censitaria ed altro, che comunque collocano l’alcol e gli stupefacenti, ma soprattutto l’alcol, in una dimensione di centralità nel momento in cui siamo dei comportamenti devianti, soprattutto dei comportamenti di violenza, di violenza sessuale.

Ovviamente nella maggior parte dei casi ci si trova di fronte a comportamenti violenti che rispetto all’alcol possono avere letture differenti se ad aver assunto alcol sia l’autore della violenza, ossia la vittima della violenza, a volte sono entrambi ad aver assunto stupefacenti o alcol. Ora, e questo è un dato di premessa necessario, poichè noi viviamo una società che induce come costume sociale l’assunzione di sostanze, di bevande alcoliche, quindi è un modello legato sia a quelli che sono fenomeni di consumo sia a quelli che sono fenomeni di costume, legato a una tolleranza diffusa in alcuni Paesi meno, in altri Paesi di più, come se il fatto di essere debitori, debitori sociali abbia una connotazione necessariamente positiva.

Ci troviamo di fronte a quello che è un fenomeno, quindi non sono episodi che si collocano nella marginalità sociale che possono essere considerati come punti isolati. L’assunzione di alcol è presente in tutte le fasce di età. Tra l’altro in Europa con una percentuale prevalente rispetto al mondo e anche in Italia, nella fascia che va dai 15 ai 19 anni e di conseguenza all’interno di quel fenomeno noi dobbiamo andare a verificare quando ci sono episodi di violenza se il sistema e l’ordinamento penale abbia gli strumenti per rispondere adeguatamente e al contempo, se vi è una sufficiente – più che cultura – consapevolezza della gravità e dell’ingravescenza del fenomeno da parte degli operatori del diritto e quindi di conseguenza, anzitutto le polizie, l’Autorità Giudiziaria e anche gli Avvocati. Perché questo serve ovviamente a calare i singoli comportamenti all’interno di quello che è il fenomeno di carattere sociale.

Ora il nostro ordinamento prevede un’ipotesi di aggravanti, anzi, partiamo da un presupposto, il tema dell’assunzione sostanze stupefacenti o della condizione di potenziale ebbrezza alcolica o ancora di più di intossicazione alcolica, sono degli elementi che escludono la possibilità di ritenere valido il consenso che viene prestato ad un rapporto sessuale.

Come ho fatto nell’esempio dell’intervista al Messaggero, un ordinamento per ragioni di coerenza sistemica non può da un lato ritenere che un soggetto non possa guidare un’automobile se in presenza anche di una percentuale molto bassa di alcol nell’organismo, e poi al contempo ritenere che una persona in condizione di quasi intossicazione alcolica o comunque di ebbrezza alcolica, sia in grado di esprimere un consenso valido per un rapporto sessuale. Quindi, il primo tema è quindi l’assunzione di sostanze stupefacenti, quindi psicotrope, perché alterano sia lo spettro della consapevolezza che della volizione, l’assunzione di alcol in quantità tale da determinare ebbrezza alcolica e quindi far scemare grandemente la consapevolezza e conseguentemente la volizione, non possono essere considerate neutre e infatti non lo sono da parte dell’ordinamento in relazione alla volontarietà consapevole del rapporto sessuale.

Il tema del consenso è un tema molto rilevante perché questo costringe molto spesso, in ambito processuale, ad indagare nella condizione in cui si trovava la vittima. Ed ecco che quindi già inizia il primo percorso di potenziale colpevolizzazione o vittimizzazione secondaria, cioè quella di iniziare ad interrogarsi sulla condizione di ebbrezza alcolica o meno, o di assunzione di sostanze stupefacenti come elemento, apparentemente – in realtà anche doverosamente – rilevante ai fini di escludere o includere un consenso validamente prestato, ma dall’altro lato, con il rischio di precipitare all’interno dell’analisi del comportamento sociale individuale o del costume, anche rispetto a comportamenti che possono essere considerati a rischio.

Dall’altro lato, una volta che venga anche escluso il consenso e quindi non ci si trovi di fronte un consenso valido, ma ci si trovi di fronte a un’ipotesi di violenza conclamata, il tema di fondo è che l’ordinamento prende in considerazione come ipotesi aggravante non la menomata difesa – parliamo del reato specifico – quindi la condizione di fragilità della persona che si trovi in una condizione di consapevolezza e volontà scemate o escluse, ma prende in considerazione, in termini formali, positivi, specifici solamente l’ipotesi in cui la condizione di menomata difesa da ebbrezza alcolica o da assunzione di sostanze stupefacenti sia stata volontariamente indotta da parte di quello che sarà l’autore della violenza. Di conseguenza, non c’è una norma di riferimento chiara che consenta di valorizzare in termini di circostanza aggravante, l’approfittamento della condizione di debolezza, di fragilità, derivante dalla mancanza di una piena capacità di intendere e di volere.

E questa è una lacuna ordinamentale importante perché anzitutto costringe ad una analisi complessa di circostanze fattuali che riguardano la scaturigine dell’assunzione della bevanda alcolica. E qui bisogna anche avere un tratto di chiarezza: mentre possiamo ritenere che l’assunzione di una sostanza stupefacente generi di per sé e immediatamente – poi dipende dal tipo di sostanza – una condizione di alterazione non è altrettanto vero per quanto riguarda l’alcol. L’alcol normalmente indebolisce progressivamente la condizione di lucidità, di consapevolezza, di volontarietà delle azioni e soprattutto la capacità di riconoscere eventuali pericoli o di confondere eventuali segni e segnali. Di conseguenza ben può accadere che una donna abbia inizialmente bevuto autonomamente e poi abbia continuato a bere in un confronto con un’altra persona che poi, ad esito e in relazione alla condizione di brezza alcolica della donna, abbia approfittato di questa condizione menomata difesa. E allora lì individuare il discrimine tra l’induzione volontaria e l’approfittamento è molto difficile, con il rischio che, in ragione di quelli che sono dei principi fondamentali del nostro ordinamento, sia difficile riconoscere la configurabilità dell’aggravante, laddove non si abbia la certezza che il comportamento sia stato volontariamente proiettato all’induzione della condizione di ebbrezza alcolica nella vittima.

Questo, tra l’altro, quando ragioniamo sui minori è un elemento particolarmente significativo e grave, perché dal punto di vista sociale, noi osserviamo una quantità di casi di assunzioni volontarie di alcol da parte di minori, da parte di giovani adolescenti e di conseguenza è molto difficile ritenere che ci sia stata inizialmente un’induzione volontaria della condizione da stupro indotto. Diventa, invece, rilevante collocare in un’ottica di protezione, di prevenzione, la condizione di fragilità in cui si trova il soggetto a prescindere e, quindi, la menomata difesa.

Il fatto che una persona sia in una condizione di ebbrezza alcolica o che abbia assunto stupefacenti, che quindi abbia anche una alterazione psicotropa, rende questa persona bisognevole e soprattutto destinataria di una protezione ordinamentale superiore, cioè sostanzialmente l’ordinamento deve porre un argine a qualsiasi comportamento che possa evidentemente andarsi a collocare in una logica alterata in un rapporto non solo di consenso ma anche di forze e di volontà.

Ecco perché negli ordinamenti dell’anglosfera vi sono, accanto alle ipotesi dell’induzione anche delle ipotesi di fattispecie autonome rispetto ad alcuni reati, ma nel caso specifico di aggravanti, riguardanti l’aver approfittato della condizione di menomata difesa determinata dalla ebbrezza alcolica o dall’assunzione di sostanze stupefacenti e ciò a prescindere che questo sia stato un percorso volontario finalizzato a commettere il reato da parte dell’autore della violenza. 

Avvocato, lei ha già anticipato la domanda che volevo porle, però per chiarire meglio gliela pongo lo stesso. Leggendo nella rassegna stampa l’intervista che dava sul Messaggero giovedì lei parlava appunto – ne ha parlato anche poco fa – della guida in stato di ebbrezza. Per una donna, insomma, basta bere davvero una piccola quantità di alcol per non essere ritenuta in grado di mettersi alla guida e un ascoltatore della rassegna stampa ci faceva notare: ma allora a questo punto cambia proprio il costume sociale. Perché come fa un uomo a sapere se quella donna che ha bevuto magari un solo bicchiere di vino o una minima quantità di vino è effettivamente capace di dare un consenso? La maggior parte delle coppie sono nate davanti a una cena con una bottiglia di vino e dunque da questo momento in poi ci sarà un cambiamento sociale, tra l’altro in un Paese, come diceva lei, in cui il consumo di alcol è considerato anche un fattore positivo. C’è effettivamente questo rischio?

Ma anzitutto dobbiamo considerare che abbiamo un tema che riguarda un fenomeno sociale ed un allarme sociale. Questo è il primo dato, il secondo dato, dobbiamo considerare l’età e la consapevolezza dei soggetti a prescindere, perché è assolutamente chiaro e pacifico che quando parliamo, ad esempio di minori, ai quali non dovrebbe essere consentito l’uso di alcol e somministrato alcol, ci troviamo in una sfera a protezione avanzata.

Questi sono anzitutto dei temi, degli aspetti fondamentali, che noi dobbiamo avere assolutamente chiari. È sufficiente il giovedì o il venerdì sera girare – che siano centri di provincia o che siano grandi città – punti di aggregazione, dove vediamo giovani che vanno normalmente da età di 12, 13 anni, 16 a 17 anni, che consumano alcolici acquistati con molto spesso le complicità di venditori, i quali tra l’altro sanno bene che hanno poche conseguenze dal porre in essere comportamenti violativi delle disposizioni in materia e quindi di conseguenza ci troviamo di fronte a un dato che si accompagna poi con un altro: ad esempio, l’aumento delle gravidanze non desiderate tra i minori, che poi vengono nella maggior parte dei casi affrontate e risolte con le pillole del giorno dopo, che anziché essere un metodo di interruzione, è diventato un metodo di contraccezione, perché molto spesso le minori hanno rapporti sessuali non protetti.

Questo è un altro dato che si accompagna con i dati che la Società Italiana di Virologia ha messo in evidenza, in relazione a un aumento significativo delle malattie sessualmente trasmesse tra i minori. Quindi anzitutto dobbiamo prendere in considerazione e avere consapevolezza di un fenomeno sociale molto grave, in cui i numeri non si rappresentano tanto e solo attraverso le statistiche, ma anche attraverso l’esperienza diretta, che attraverso quel che avviene all’interno dei Tribunali, soprattutto anche dei Tribunali per i minorenni, e dall’altro lato dobbiamo prendere in considerazione delle categorie sociali e in particolar modo delle fasce generazionali che sono particolarmente a rischio e sovraesposte, che sono i minori.

Tra l’altro, l’assunzione di alcol tra i minori ha delle conseguenze su quello che è lo sviluppo dal punto di vista neurologico molto impattanti. È noto infatti che si inverte la proporzione nel rapporto di assunzione quando si è piccoli rispetto a quando si è grandi. I piccoli hanno bisogno di maggiori quantità di alcol per raggiungere una condizione di ebbrezza alcolica e tanto è vero che la maggior parte del consumo è rivolto ai superalcolici. Però, minori quantità di alcol determinano maggiori danni su dal punto di vista neurologico. Gli adulti hanno bisogno di una minore quantità di alcol per raggiungere lo stesso livello di ebbrezza alcolica, ma quando si è superata l’età dello sviluppo evidentemente i danni, qualora ovviamente siano assunzioni importanti, i danni sono minori. Quindi c’è un fenomeno, ci sono determinate categorie che hanno un rischio aumentato dall’elemento età e quindi all’interno di questo dobbiamo andare a collocare le considerazioni, le norme e le riflessioni di carattere giuridico, che poi ovviamente devono avere uno spazio di interpretazione e di applicazione, come è giusto che sia, su quelli che sono i casi concreti.

Ed ecco qui il valore e l’importanza del processo, nella complessità dei protagonismi e dell’agone, dato da quelle che sono le letture di un Pubblico Ministero, i contributi e i ragionamenti defensionali, le valutazioni da parte del giudice, quindi non c’è il rischio che una persona possa trovarsi per il solo fatto di aver bevuto del vino in una condizione di rischio di consenso non valido nell’ambito di un rapporto tra adulti.

Diverso è quando invece ci troviamo di fronte alle condizioni di ebbrezza alcolica e allora lì sì verrebbe da dire, quando ci si trova di fronte ad una donna o un’altra persona in una condizione di alterazione psicofisica che sia data dall’alcol o dagli stupefacenti, bisogna prendere in considerazione che in quel momento quella persona, come non è in grado di fare scelte o porsi in attività quale la guida o attività pericolose, non è in grado, probabilmente, di avere il discernimento completo anche in relazione a un consenso.

Ora vede, a proposito della questione della guida, prima della introduzione dell’utilizzazione dell’etilometro e degli altri strumenti di indagine analitica obiettiva per valutare la concentrazione di alcol nel sangue, veniva utilizzato un criterio che era un criterio ben valido e ben fondato nel codice penale e in particolar modo nelle norme complementari riguardanti il codice della strada, che l’accertamento della condizione di alterazione, per quanto riguarda l’alcol, veniva dato da quei tre criteri che tutti ricordiamo che erano le eloquio sconnesso, l’alito vinoso, l’andatura barcollante. Beh, se io mi trovo di fronte ad una donna che ha un eloquio sconnesso, un’andatura barcollante e un alito vinoso, probabilmente, non solo per un principio di rispetto di una norma, ma anche perché è un principio di rispetto della persona, riterrò non possibile sviluppare un ragionamento che abbia anche un coinvolgimento fisico perché non ho la certezza di avere una persona che sia compos sui qui davanti a me.

Quindi il rischio da questo punto di vista non c’è, anche perché noi stiamo parlando di casi che hanno una oggettiva evidenza, che è data dalla quantità importante di assunzione dell’alcol e nel post violenza, molto spesso, sia attraverso elementi dichiarativi, pensi ad esempio quando i racconti degli amici nei locali, nelle discoteche, nei ristoranti, portano a ricostruire la condizione di elevata ebbrezza delle persone; quando si descrivono ragazze che non vogliono tornare con gli amici, che poi cadevano, che si addormentavano, che non si rendevano conto che stavano strillando ed altro. Quando una persona è alterata lo si riconosce o quando, ad esempio, immediatamente c’è il protocollo di pronto soccorso in relazione alle violenze dove troviamo all’interno del sangue tracce elevatissime di alcol, molto spesso di benzodiazepine, molto spesso di farmaci e altri farmaci analgesici, Rohypnol, cioè noi ci troviamo di fronte a situazioni che non sono quelle della cena romantica e una buona bottiglia di vino. 

Certo, parliamo insomma di un’evidenza dell’abuso. Un’ultima domanda le vorrei fare sulle soluzioni che si possono trovare: lei fa riferimento ai paesi anglosassoni che hanno da tempo cominciato appunto a occuparsi soprattutto della diffusione dell’alcol tra i minori, l’Italia è indietro su questo punto e ricordo che l’Italia è indietro anche sull’uso di sigarette elettroniche da parte dei minori. Proprio il Primo ministro britannico Rishi Sunak ha più volte denunciato l’uso di queste sigarette che non necessariamente sono meno dannose di quelle tradizionali. Che cosa fanno i paesi anglosassoni per evitare appunto il consumo o l’abuso di alcol, Ma direi anche il consumo di alcol tra i minori?

Guardi, consideri che tanto nei paesi anglosassoni, quanto nel pensiero che ha animato e anima le ricerche degli Avvocati del nostro Studio e anche il mio pensiero tutto c’è tranne che paternalismo e stato etico, in relazione alle condotte. Il principio cardine è la prevenzione ora non che i paesi anglosassoni o comunque in generale l’anglosfera, sia in Paesi laboratorio di eccellenza e che hanno sperimentato in tempo precedente delle situazioni di particolare gravità.

E per quanto riguarda le condotte, potenzialmente d’abuso, le devianze legate a condotte apparentemente ricreative che poi si traducono invece in vere e proprie patologie sociali. Ha tanti incidenti sui soggetti che le pongono in essere, ma anche sul sistema hanno investito sulla consapevole consapevolizzazione effettiva e per fare un esempio, a proposito del fumo: il tema del fumo viene affrontato anzitutto con una fedeltà che nel nostro Paese non è conosciuta, i divieti di fumo vengono rispettati, ora è giocoforza sapere e tutti noi siamo buoni testimoni che i divieti di fumo in Italia son poco rispettati. Certamente situazione a famigerata, ma sono poco rispettati. Ora alle sigarette elettroniche hanno in un certo senso reso ancora più complesso questo dato, perché molto spesso la sigaretta elettronica, diminuendo l’impatto sulle persone in prossimità, determina una maggiore facilità e disponibilità al fumo soprattutto. Nei più piccoli per quanto riguarda l’alcol, perché campagne in materia di prevenzione specifica nelle scuole vengono fatte poco, vengono fatte male molto spesso, ad esempio quelle in materia di violenza sessuale non vengono fatte ed in generale, se non in occasione della giornata contro la violenza sulla donna, il problema non è un problema che deve e può trovare argine, ma vale sempre rispetto a tutti i fenomeni sociali, soprattutto le patologie sociali non possono trovare argine all’interno degli intervento del sistema giudiziario, il quale è necessario, deve essere chiaro e deve essere netto su questo poi.

Ah, le dirò una ulteriore nostra riflessione, però, il tema della prevenzione deve essere effettivo. Molto spesso c’è imbarazzo ad affrontare il tema dell’alcol perché noi siamo il paese del vino ed è una risorsa, un valore straordinario che ha un significato non solo economico, ma sociale e culturale, che deve essere difeso e deve essere valorizzato. Ma il bere responsabile è un valore altrettanto fondamentale per la convivenza civile anche in tema di severità, la quantità dei controlli che vengono fatti per quanto attiene alla circolazione stradale in condizioni di ebbrezza non è sufficiente.

Le polizie fanno molto, ma ci vogliono più risorse. Ci vuole un criterio sistematico, esattamente quello che è stato utilizzato in altri Paesi, dove molto spesso si va in vacanza e si ha la certezza che non si possa assolutamente mettersi alla guida avendo bevuto e questo non è un tema di salvaguardia non solamente per il guidatore o per le persone che sono con il guidatore, ma per chiunque possa incontrare quella vettura. Tenga presente che anche qui i dati in relazione agli incidenti stradali legati all’assunzione di sostanze stupefacenti e sostanze alcoliche mettono in evidenza come la più gran parte degli incidenti sono legati a condizioni di alterazione a volte da sonno, a volte da farmaci, a volte da sostanze stupefacenti, a volte da alcol, quindi da una alterazione percepita. Questo non porta evidentemente a fare considerazioni potenzialmente e colpevolizzanti la guida. Sì, è un tema di guida responsabile, il bere deve essere responsabile.

La sessualità deve essere responsabile e quindi ci vuole un’effettiva educazione, senza che temi che hanno un valore sociale, istituzionale e anche poi giuridico, precipitano all’interno di quello che è un agone, divisioni fuori dai dati. I dati ci dicono che c’è una condizione di allarme sociale importante, siamo in ritardo perché affrontiamo in ritardo un fenomeno che ormai si è diffuso.

Una volta avevamo delle concentrazioni di significato maggiore, parlo soprattutto per i minori nel nord-est. Oggi il dato è comune a tutto quanto il Paese. Per i Paesi non perché siano più virtuosi di noi, ma semplicemente perché hanno tesaurizzato delle esperienze pregresse, potevamo prendere spunto d’acquisto e avere un contegno meno tollerante nei confronti del bene sociale, dei minori, meno tollerante nei confronti dell’approfittamento della condizione da ebbrezza alcolica, confusa come una sorta di momento di particolare divertimento e avere un ordinamento che senza un approccio paternalistico investe nella prevenzione secondo un criterio di consapevolezza e certezza della sanzione. Invece noi abbiamo bassa consapevolezza e sanzioni incerte nella loro applicazione. E quindi, aggiungo un’altra considerazione che poi fa parte del report dell’Avvocato Guerrisi e dell’Avvocato Caprini, molto spesso, non solo la CEDU, ma anche la Cassazione sono intervenute in modo molto severo in quelle che sono delle letture che verrebbe da definire a volte miopi, a volte distopiche. Probabilmente il tema dell’alcol induce in letture alterate, con meccanismi di colpevolizzazione nei confronti delle persone che assumono alcol anziché di responsabilizzazione, che sono due concetti profondamente diversi perché la colpevolizzazione in capo alla vittima per aver assunto alcol e quindi aver determinato delle condizioni di potenziale rischio aumentato è cosa ben diversa dalla responsabilizzazione nei confronti di quelli che sono i comportamenti a rischio, tutti che possono riguardare alcol, donne, stupefacenti, violenze, automobili ed altro e che invece hanno come presupposto la cultura e non il giudizio morale.

Ecco probabilmente anche da questo punto di vista è mutuo. Le parole della. Lei, lui la Corte europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Alcune pronunce i giudici di merito. Domani precipitano in un dato retro culturale che è quello di ritenere che chi si mette in una condizione di rischio partecipa secondo un criterio di cooperazione nel reato che subisce e questo ovviamente è un dato di subcultura che dobbiamo ostacolare al pari invece dell’amplificazione dell’investimento nella prevenzione che è un dovere di tutti, che si sia i genitori, che ci sia giuristi che si sia rappresentanti le istituzioni. Anche perché questo fenomeno può interessare gli adulti, ma i numeri che preoccupano sono quelli che riguardano i minori.

Grazie, chiarissimo avvocato, grazie all’avvocato Roberto De Vita, grazie per essere stato con noi e buon lavoro. 

Grazie, grazie a lei. 

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